Un "caso"....
Voglio raccontarvi la storia di un caso clinico, poiché, secondo me, fa ben vedere il vissuto di chi ha un disagio psichico.
Il caso clinico, che vi porto a mo’ di esempio, riguarda un paziente, più volte ricoverato in un Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura con la diagnosi di psicosi schizofrenica. In realtà già riesaminando la cartella clinica si potrebbe supporre una sindrome clinica inquadrabile in una forma Schizoaffettiva. In essa infatti sono chiaramente associati elementi della serie depressiva e della serie schizofrenica.
Il paziente si sente oggetto di scherno, di ostilità, di accuse, di complotti orditi a suo danno: si cerca di avvelenarlo, di spiarlo, di coinvolgerlo in intrighi politici.
I suoi persecutori sono sempre personaggi ben identificati e provengono dal suo paese di origine, dagli ambienti in cui è vissuto in questi ultimi anni (Casa Famiglia, Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura).
Egli ha l'esperienza di vivere in un mondo preparato apposta per lui, per esaminarlo, spiarlo, un mondo in cui è condannato alla completa passività.
Il paziente sente e crede che tutto ruoti intorno a lui, non solo le persone a lui legate ma anche il personale medico e paramedico, gli sconosciuti, le voci della televisione, tutto.
Egli si trova assediato e coartato dal mondo che gira intorno a lui e per lui. Peraltro il paziente ha sempre mantenuto un certo rapporto con il mondo che gli consente un contatto affettivo e dialogico con la realtà oggettiva, anche se in maniera distorta.
Il paziente presenta periodi più o meno stabili di delirio florido associati ed alternati a periodi di improvviso calo del tono dell'umore con abulia, astenia, propositi suicidarii, delirio ipocondriaco. Si assiste quasi ad una progressiva, anche se mai definitiva, lisi del delirio con uscita psicotica depressiva. È come se il paziente, sopraffatto dall'angoscia psicotica, si trovasse impegnato e assediato su due fronti: quello reale esterno e quello fantasmatico interno. A questo punto non gli è più concessa alcuna modalità difensiva perché ambedue i mondi non offrono punti di appoggio.
Il tono dell'umore è depresso con pensieri ricorrenti di morte, di suicidio, con idee deliranti di malattia inguaribile, di trasformazione corporea di alcuni organi, con diminuzione dell'appetito e perdita di peso, rallentamento psicomotorio, astenia profonda, perdita di interessi, incessante lamentosità, ansietà, insonnia. Non compare coscienza di malattia e il paziente rimane profondamente convinto e ancorato al suo mondo delirante. Non vi parlo del protocollo farmacologico necessario in questi casi per non annoiarvi, ma posso dirvi che il risultato maggiore lo abbiamo avuto nel territorio dove ci si è avvalsi dell'operatore “collettivo” della struttura riabilitativa in grado di stabilire una relazione con l'utente assumendo una "funzione tutoriale" che diventa fondamentale per mediare le relazioni con gli altri. Utilizzando la quotidianità che è, per noi, incontro, convivenza e al tempo stesso conoscenza. E’ infatti nella dimensione spazio-temporale della vita di tutti i giorni, luogo della riproduzione della normalità e della follia, che incontriamo l’altro, dimensione che ci consente di cogliere l’individuo nella sua interezza, con le sue fantasie e le sue angosce, le sue capacità e le sue insufficienze, la sua diversità e le sue aspettative. Accompagnare un utente può essere un atto nel quale si integra l'istituzione curante con la quotidianità sociale: leggere insieme sul giornale le offerte migliori, prendere l'auto, presentarsi al posto, sono gli oggetti quotidiani, cioè prove, funzioni della vita reale, che nel " progetto terapeutico individuale" vogliono costituirsi come oggetti intermediari.
La competenza dell'operatore “tutor” consiste nell'avvicinare l'utente alle cose, agli oggetti, al lavoro, al rapporto con persone che occupano dei ruoli ri-conosciuti, non solo utilizzando la capacità di identificarsi con l'utente e le sue esperienze, ma anche rievocando sentimenti, speranze, preoccupazioni, che sono state suscitate in lui dall'insieme delle esperienze vissute e delle conoscenze acquisite. E' "l'operatore collettivo" che sta venendo a mancare ai nostri giorni per colpa dei tagli lineari e la totale assenza di personale specializzato quali assistenti sociali, terapisti della riabilitazione, animatori, ecc., per cui questi risultati verranno sempre più messi in discussione e prevarranno di nuovo i ricoveri e nei casi estremi, in presenza di reati, gli internamenti presso strutture repressive che per altro scarseggiano.
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