Dal ciclone “Athos” al ciclone “Forconi”
Non si è ancora finito di parlare del ciclone “Athos” che arriva il ciclone “Forconi” e, nell’attesa del salvatore di turno, la serricoltura della fascia trasformata continua a essere agonizzante. Dopo i disastri di una commercializzazione che vede la grande distribuzione organizzata farla da padrone dettando tempi e condizioni di pagamento strozzando il mercato. Dopo il disinteresse di una classe politica che ha distrutto la legislazione di riferimento degli agricoltori siciliani e vittoriesi, non consentendo né di riscaldare le serre né di introdurre incentivi per la loro ristrutturazione e la loro metanizzazione, ristrutturazioni che avrebbero potuto evitare anche i disastri di questi giorni, o per lo meno consentire agli agricoltori di stipulare assicurazioni, visto che le polizze vengono fatte solo per strutture in acciaio. Vediamo tanti personaggi correre al capezzale del mondo agricolo. La verità è che si preferisce correre dietro le emergenze, si chiede lo stato di calamità come se non si sapesse che l’agricoltura è soggetta agli eventi climatici avversi. Molti piangono le loro disgrazie soprattutto i produttori che stanno dentro le serre tutti i giorni, ma molti politici e burocrati fanno loro il verso come tanti sepolcri imbiancati. Il cambiamento vero sta qui nella capacità di governare i processi economici con la programmazione seria e con la prevenzione di fenomeni naturali sempre in agguato, senza aspettare i tre moschettieri di turno. Le ragioni della crisi attuale della nostra agricoltura affondano le radici in una polverizzazione produttiva molto accentuata, ma soprattutto nel fatto che l’agricoltura nel nostro Paese è stata considerata storicamente come un comparto da sovvenzionare più che un campo strategico dell’economia, mentre negli altri paesi europei il comparto agricolo viene coccolato e difeso a livello nazionale ed europeo. Insomma in Italia tutti hanno avuto interventi straordinari, Banche, Fiat, Alitalia, l’industria, mentre le aziende agricole chiudono una dopo l’altra, mettendo a rischio l’autonomia alimentare del Paese e a nessuno importa niente. E’ impressionante che di fronte a una situazione così drammatica per il mondo agricolo a intervenire prontamente siano Paesi come la Francia e la Germania, mentre l’Italia non ha messo in piedi un provvedimento concreto. I nostri agricoltori continuano a non saper e a quale santo votarsi, ogni tanto sembra ci siano prese di coscienza collettiva come dimostrano le esperienza di comitati spontanei, di scioperi della fame, o di blocco delle merci, quest’ultima operazione tafazziana e contro producente messa in piedi da gente a ben ragione esasperata, ma guidata da furbi che come loro stessi dicono aspettano che “ci scappi il morto”, magari per ottenere essi stessi un posto al sole nella dimora della tanto vituperata “politica”, come qualcuno ha tentato di fare diverse volte in diverse tornate elettorali. Purtroppo si accendono i riflettori sulla questione solo in questi momenti, ma fino a quando l’agricoltura non sarà pensata come un settore strategico dal governo nazionale non ci sarà via di uscita, perché non si metterà mai mano alla riforma della burocrazia, a provvedimenti per aumentare il potere di contrattazione nei confronti della grande distribuzione come la fissazione di prezzi minimi e tempi decenti, alla riduzione degli oneri sociali e fiscali e all’accesso al credito.
04-12-13 Enzo Cilia – Consigliere Comunale SEL - Vittoria
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