Una città maledetta?

Sembra che ogni giorno ne succeda una di tragedia a Vittoria, ora questo femminicidio efferato e senza logica che colpisce una persona mite che faceva il suo dovere di madre di famiglia e di educatrice in una scuola media, la conoscevo assieme alla sua famiglia da tempo, eravamo coetanei, ai suoi cari va il mio cordoglio. Dopo il gesto di qualche settimana fa di un vittoriese disperato che si è dato fuoco perché la sua casa non voleva lasciarla a chi l’aveva acquistata ad un asta giudiziaria, quello che è successo stamattina è ancora più angoscioso perché sfugge alla razionalità e non c’è una motivazione plausibile. Mi viene in mente l’omicidio di qualche tempo fa di un signore che lavorava al comune da parte di un avvocato, o ancora, più indietro nel tempo, l’omicidio selvaggio di un disabile nella sua abitazione perpetrato per gioco da alcuni ragazzi. Ma a cosa si deve questa virata verso la violenza cieca e carica di odio verso il genere umano? E’ un problema limitato alla nostra città o attraversa nel profondo tutta l’umanità che ha perso il senso del proprio cammino? E, ancora, come si può porre rimedio a tutto ciò, quale parte devono svolgere le istituzioni democratiche? E’ difficile dare risposte in un momento storico in cui anche le parole stanno perdendo di senso, in cui le emozioni e i sentimenti non vengono letti per quello che sono e portati ad un livello razionale. Certo è un compito immane quello che abbiamo davanti, noi uomini e donne di questo villaggio globale, ma non abbiamo la possibilità di sottrarci e abbiamo il dovere di cercare una via d’uscita. Per prima cosa ognuno deve fare il proprio dovere nel posto dove si trova e nel ruolo che ricopre. Poi bisogna avere il coraggio di denunciare o per lo meno segnalare agli organi preposti per la repressione o per la cura, le cose che non funzionano anche negli esseri umani che ci stanno vicini, in famiglia o nei luoghi di lavoro, quante volte preferiamo voltare lo sguardo dall’altra parte con la segreta speranza che tanto a me non succederà. Ed è qui il punto fondamentale di quello che vorrei cercare di dire, l’individualismo sfrenato, la mancanza di solidarietà, la lealtà, la coerenza, il senso del limite, la tolleranza sembrano principi desueti e privati da ogni logica. Allora noi tutti, singoli cittadini e istituzioni, abbiamo il dovere di trovare nuovi linguaggi e nuovi modi per leggere meglio lo spirito pubblico delle nostre comunità, questo vuol dire aggiornare radicalmente la nostra analisi, calarsi nella realtà concreta, smettere il lamento e sbracciarsi indicando nuove direzioni di marcia. Per prima cosa tutti dobbiamo fare un bagno di umiltà, merce rara di questi tempi, solo questo ci consentirà di rimetterci in ascolto e quindi in grado di percepire cosa si muove nel profondo della nostra comunità. Quali sono i sentimenti e le ragioni, le paure e le angosce dei nostri concittadini, ma anche cosa li rende felici e soddisfatti. Credo che lo spirito pubblico che si è affermato nel recente passato sia stato quello della ricerca del successo a tutti i costi in ogni settore (economico, sociale, politico), a prescindere, e mettendo da parte la libertà degli altri e la responsabilità propria. Tutti noi siamo immersi in questa realtà di soprusi, di illegalità diffusa, di ribellismo e sovversivismo, di paure e di angosce. E’ a questo punto che occorre svoltare, tenendo conto naturalmente dell’imponderabilità e della fragilità umana, verso una maggiore consapevolezza di se stessi necessaria ad affidarsi all’altro che può essere in grado di darti una mano o anche una parola di conforto. Ciao Gianna, il tuo sacrificio, come quello di tante altre vittime innocenti, non sia vano. Vittoria, 16-06-2013 Enzo Cilia

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