Le vie del signore sono finite
La
scarsa lungimiranza politica che contraddistingue
le posizioni attuali di chi è stato per tanti anni protagonista, nel bene e nel
male, della vicenda politica vittoriese che, addirittura, ancora oggi riesce a
pensarsi come il sempiterno condottiero, è
veramente disarmante.
Io ritengo che questo
signore si illude, e si crogiola nel pensiero, rassicurante per lui e i suoi, sempre
meno, amici che lo circondano che la città di Vittoria sia ferma in un eterno presente o che, nientemeno, possa
tornare indietro a modalità di governo autoreferenziali che hanno avuto a che
fare con una specie di minuscolo “culto della personalità” o meglio con una
politica leaderistica e tribunizia.
Insomma, penso che
questo personaggio sia il frutto
avvelenato di una storia politica e umana che non riesce ad accettare la definizione di una nuova classe dirigente
in grado di guidare i grandi processi di trasformazione del tessuto sociale,
culturale ed economico della nostra comunità, che sappia in maniera decisa
liberare e dare spazio alle energie assopite, ai giovani, alle donne, dando
loro coraggio e forza per esporsi e liberamente proporsi come nuova classe
dirigente. Il ruolo mio e di quei dirigenti che come me sono entrati nella
maturità politica derivante dall’esperienza, deve oggi intendersi come supporto
di questo processo, allargandolo, aiutandolo e facendo progredire una
dialettica democratica in grado di avviare una selezione della classe politica
futura al rialzo e non al ribasso come è avvenuto per moltissimi anni. Per fare
questo ci vuole una mission comune, ci vogliono radici e valori forti, ci
vogliono grandi ideali e “grandi ambizioni” che facciano superare in avanti le
grandi contraddizioni (alcune delle quali sottolineate dal signore) che pur ci sono e con le quali quotidianamente ci
confrontiamo.
Questi mesi che ci
vedono impegnati al governo della città devono assolutamente essere utilizzati
per veicolare questo pensiero che io definisco comunitario in opposizione al pensiero individualistico. Questo è il futuro, solo così possiamo battere
gli egoismi e i parassitismi di ogni tipo e misura e cominciare a pensare di
costruire una città vivibile, aperta al
nuovo, rispettosa, tollerante, in grado di valorizzare le differenze
sostituendo alla politica della delega la politica della responsabilità. Una città futura in cui l’ordinaria
amministrazione non sia un fatto rivoluzionario.
Mi
rendo conto che tutto questo per il signore
di cui sopra è incomprensibile, pazienza faremo a meno delle sue
spericolate giravolte alla ricerca del potere perduto, ma per favore non parli
di “sinistra” non ne ha titolo e se mai l’avesse avuto lo ha del tutto perso
alla lotteria del “potere per il potere”.
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